Arte come autoliberazione

Arte come autoliberazione
Umberto Binda è padrone dell'orizzonte, si lascia andare a nostalgie terrestri, in preda all'antico senso georgico che guidava i pastori verso la fonte ...

L"assenza dell"uomo nelle pitture di Binda

L"assenza dell"uomo nelle pitture di Binda
Quando sulle pareti di casa giungono i quadri di Umberto, come una diga irrompono i verdi, gli azzurri e i viola, mossi da venti e da atmosfere che non danno pace ad altre figurazioni e paesaggi. E' un'incalzare nervoso che spinge questi colori a strani connubi, a spessori inconsueti, a siepi mai viste che gremiscono interamente la tela e formano primissimi piani, carichi di ombre con fiori a grappolo, nell'intrico di un mondo vegetale che s'inerpica gagliardo sopra le paludi.

Sono certamente spettacoli colti dall'occhio di Binda, in una sorta di ebbrezza georgica, virgiliana. Cento, mille flauti di Titiro ci vorrebbero per l'aria tempestosa che preme selvaggiamente su tutto. Forse una sottile melodia darebbe più dolcezza agli scorci che spuntano dall'acqua, aitanti, impetuosi, dominati da una carica primordiale. E' come se si trattasse dell'esordio della vita terrestre lungo laghi che s'assopivano contro brulle montagne pietrose.

D'altronde, l'acqua favoriva la crescita degli insistenti canneti violacei che avranno imperversato nei lunghi periodi della preistoria, quando le palafitte furono piantate sulla melma, procurando le prime sicurezze umane. Ora il pittore Binda rivive a grandi sorsate l'ondeggiare di tale vegetazione spontanea che costella l'arco dei laghi alpini e crea tante macchie verdastre, care all'occhio, perché sposa il cielo alla terra, in un miscuglio azzurrognolo, direi arcano per il mistero che s'espande tutt'intorno. E' bello raccontare il tripudio d'una pittura impressionista che s'immerge nell'indefinito ventaglio della natura e la esalta nelle gamme coloristiche più' marcate. Parlare di ciò conduce a pensare come la vasta natura venga interiorizzata e trasfigurata in reiterate sequenze pittoriche, graffianti e morbide. L'arte personale di stendere su una tela paesaggi, governati da boschi in fioritura e acque sonnolente, in prossimità di balde radici, o stretti in fitta vegetazione aggrovigliata a siepi multiformi, è sempre felice nei suoi contenuti e palesa ottimismo di fondo, pur se la malinconia fa capolino tra le ombre e le pennellate scure.

Il Tutto ed il Particolare

Il Tutto ed il Particolare
Oggi, ho sentito un'acuta emozione, guardando una siepe d'un rosso vermiglio, sullo sfondo d'una tela di Umberto. Ho avvertito l'intuizione pittorica che determinava un contrasto geniale nell'insieme dei verdi che formavano la densità d'un paesaggio boschivo. Questa è saggezza cromatica - mi son detto - , è svelta capacità di mediare le tante tonalità in un contesto magico-naturale. Accade così che il tutto non uccide il particolare, anzi lo esalta per la forza che va diritta alla visione che narra come le piante, pur dominando con l'altezza, e la forza, si armonizzano a ogni fonte di bellezza che si eleva dalla terra. Non esiste in quest'affresco naturale una diminuzione del soggetto : ogni parte viene come frammento d'una tonalità e scatena in pari tempo maggiore risonanza alla visione che ha colpito la mente dell'artista. Ciò succede, a parer mio, perchè si sono colti il senso di poesia che attraversa l'aria d'intorno e gli elementi nativi che vi gravitano. Binda si afferma quale cantore solitario di una avventura espressiva, va accolto come un autentico epigono che si cimenta e continua a scandagliare l'infinita esistenza arborea che ci circonda e talora ci assedia. Noi siamo fatalmente eterni spettatori che si lasciano coinvolgere, perchè attenti a non tradire il messaggio silvestre che giunge dalle pianure e dai monti del pianeta. Un vero e autentico pittore sa captare le nostalgie d'un canneto, il grido sommerso d'una palude, il rossore intenso delle siepi e la sconfinata ebbrezza delle foglie che si agitano sui rami : un vero artista sa che oggi e domani rinasce il miracolo della vita, nel cerchio infinito delle emozioni che prendono asilo nel cuore di ognuno. La prospettiva del gioco delle lontananze e delle acque, la densità e l'esuberanza dei colori, unite allo slancio di ritrarre mutevoli paesaggi, formano quel sillabario segreto a cui si deve attingere per dare all'anima di chi guarda il sapore della profondità, e agli occhi l'esuberanza e l'effervescenza della luce. Jean Servato

L"occhio del profano

L"occhio del profano
E' bello cogliere l'occhio del profano quando guarda con meraviglia le opere del Binda. Avverti che qualcosa si sta smuovendo nella sua anima e che si sfilacciano le sue sicurezze pittoriche, acquisite nel giro degli anni. Il modo inedito e impetuoso di Umberto di fare arte, con macchie di luci svettanti, con scie di ginestre, unite a silenzi di canneti su acque vespertine e immacolate, rappresenta l'isola beata d'un sogno figurativo che ognuno accarezza nel segreto inconscio. In fondo, siamo rimasti conservatori: amiamo la buona pittura che ci conforta nel dolore, che dà la forza dell'immagine rovente e primordiale e ci nutre di speranza tra le stanze della casa. Un pittore, quando dipinge, idealmente sta affrescando le nostre pareti e viene cancellando ciò che di brutto penzola nel vuoto. Se noi afferriamo il suo discorso audace e coraggioso, mettiamo mano a una seconda rivoluzione estetica, quella che si attua tra le pareti domestiche. E non va dimenticata la magia recondita che un paesaggio nasconde sulla tela e che va raccolta, quasi religiosamente, perchè siamo convinti sempre più che l'arte rivela l'assoluto. Se io guardo, imparo a misurare l'infinito che si raccorda con la mia finitezza e se questa finitezza si svolge fra le anse della natura, il racconto figurativo si fa esistenziale per i sussulti dell'anima, catturata dall'epifania dei verdi, dal rincorrersi dei fiori, nel dispiegarsi d'una acuta nostalgia terrestre, ben vicina al flauto di Titiro, certamente nascosto nella bisaccia di Umberto Binda, cittadino del mondo e della natura. Io sono fortemente colpito dalla tenacia del pittore, dai suoi slanci e dalla volontà caparbia, mai piegata dalla fatica. Non è una sorta di eroismo estetico : è una voglia di partecipare in prima persona al moto incessante del mondo, proclamando che la bellezza regna sopra ogni cosa per ingentilire la nostra barbarie mercantile, per attutire l'egoismo dilagante e liberare le bianche colombe che dormono nei sogni dell'uomo. Un vero artista giunge a mani aperte per dare agli altri la sua creatività, ma a questa va aggiunta l'impronta istintuale che è l'impronta dell'originalità. Binda, coi suoi cromatismi, con gli affondi arborei, viene liberando per noi lo scenario nascosto d'una plaga boschiva, senza limite di sorta, dominante e suggestiva quanto mai. Le sue calde spatolate, i suoi grumi verdastri accanto a tenerissimi viola e oasi di giallo, sono la storia di un pittore che ogni giorno sta crescendo come un gigante sulle spalle di pigmei che hanno confuso l'arte con la cronaca di una bella giornata di sole. Questo è il sottofondo di questo diario che io vengo tracciando nel mese di settembre, frugando nelle sue tele per trarre il mistero e la luce, l'impeto e la dolcezza, come nell'era romantica. Il sole, la palude, l'altura in lontananza, liscia o rasata come un prato inglese, l'albero svettante amico e mai minaccioso, le anse curviche dei laghi del Varesotto, la riviera luminosa in ansia di presenze umane, sono l'alfabeto di Binda che noi veniamo scoprendo, tramite le sue tele minuscole o gigantesche di eterno giocoliere della natura, selvaggia e ardente, presa dalla febbre di durare e di far durare la vita sotto lo schermo delle stelle ...

Arboreus

Proviamo a pensare per un istante un mondo senza alberi ! Piomberemmo in un deserto assoluto, in una sorta di luna rinsecchita. Sarebbe cancellata la nostra eternità agreste. Umberto Binda, con la sua pittura di laghi, canneti e foreste, coi suoi verdi vivaci e mai eguali, ci porge primitivi entusiasmi, come se fossimo all'inizio della vita sulla terra e trovassimo ancora rifugio tra i rami delle piante o sulle palafitte. Binda vive circondato da boschi, tempestati di gialli e di viola e questo assedio dura dalla sua nascita ed è rotto solo da spiragli di luce che giungono dal Lago di Monate o dal Lago di Varese quando non avverte in lontananza il respiro del Lago Maggiore, verso Angera. E' un'autentica scenografia manzoniana.


I laghi di Umberto Binda

Le quotazioni dei quadri di Umberto Binda

Misure:
40x50 €. 5o0,00
45x80 €. 650,00
50x100 €. 1200,00
70x140 €. 1800,00